USO E ABUSO DEGLI AMMORTIZZATORI IN EMERGENZA COVID
Dei poco più dei 380 accertamenti effettuati dall’Ispettorato del Lavoro su aziende che hanno chiesto gli ammortizzatori per Covid, solo 100 sono stati portati a termine e si sono trovati 8 casi di irregolarità (fonte a ilfattoquotidiano.it), in cui ai dipendenti formalmente in cassa integrazione veniva imposto di continuare a lavorare. Mentre a non aver attuato le misure anti contagio è stata un’impresa ogni sei.
Questi sono i dati aggiornati al 31 agosto, sui risultati dei controlli condotti durante la pandemia dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Ma purtroppo questi numeri sono sottostimati.
Tra assoluta carenza di personale e impossibilità di fare verifiche su chi lavora da casa, le armi dell’Istituto nazionale del Lavoro sembrano essere esigue e a tratti inadeguate.
L’agenzia istituita nel 2015 ha il compito di svolgere attività ispettive già esercitate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dall'INPS e dall'INAIL, tra le quali anche il monitoraggio periodico sugli obiettivi e sulla corretta gestione delle risorse finanziarie.
l’Ispettorato del Lavoro è sottodimensionato a causa di assunzioni che non ci sono da tempo, tra amministrativi arrivati alla pensione e ispettori, ora meno di 1.500, che si trovano a fare anche attività d’ufficio, come spiega a ilfattoquotidiano.it Orazio Parisi, a capo della Direzione centrale tutela, sicurezza e vigilanza del lavoro dell’Istituto, che dal 2017 ha il compito di programmare e coordinare tutta la vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale , materia contributiva e assicurativa.
Inoltre, a causa della pandemia, il concorso per 882 funzionari annunciato nel 2019 è stato rinviato. A complicare le cose c’è anche la mancata interconnessione con le banche dati Inps sia per quel che riguarda le posizioni dei singoli lavoratori, sia quelle delle aziende che fruiscono degli ammortizzatori.
Come rilevato dallo stesso Istituto, i dati raccolti sino al settembre scorso rilevano che su circa 60mila accessi ispettivi, emerge un tasso di irregolarità pari al 70%. L’attività legata direttamente alla pandemia si è intensificata in aprile, quando il governo ha dato ai prefetti la possibilità di appoggiarsi anche agli ispettori del lavoro per le verifiche sulle misure anti-contagio: da allora il personale InL, supportato dai militari del comando Carabinieri per la tutela del lavoro, ha fatto circa 12.000 accessi in aziende per controllare l’attuazione dei protocolli. La percentuale di irregolarità, a livello nazionale, è risultata pari al 16%, con picchi del 30% al Sud e del 24% nel settore agricolo mentre nella manifattura la percentuale si ferma al 15%. Si va dalla mancata sanificazione a modalità improprie di ingresso in azienda di fornitori, dipendenti e visitatori, dispositivi di protezione mancanti o non utilizzati.
Ben più esiguo il capitolo delle verifiche sugli ammortizzatori con causale Covid per individuare quelle aziende che ne stanno facendo un uso improprio. Sono solo 381 gli accertamenti attivati su segnalazione dei sindacati o per decisione autonoma dell’InL, a fronte di centinaia di migliaia di aziende che hanno chiesto la cig durante e dopo il lockdown.
Dati così esigui non danno l’idea della realtà delle cose per questo è di fondamentale importanza che InL abbia accesso ai dati INPS, visto che solitamente i lavoratori non attuano denunce all’organo ispettivo per il timore di perdere il posto di lavoro.
Si pensi ai lavoratori che sono rimasti a casa per Cig o smart working: per gli ispettori non c’è possibilità di verificare l’utilizzo corretto degli ammortizzatori con il risultato che i lavoratori in cassa integrazione continuano a lavorare da casa su richiesta dell’azienda, con il risultato che l’abuso di uno strumento pagato con soldi pubblici rimane celato. In ogni caso, nella quasi totalità dei casi l’irregolarità è consistita nell’aver “continuato ad utilizzare le prestazioni dei lavoratori collocati in cassa integrazione”.
Secondo un’analisi elaborata da Inps e Banca d’Italia risalente a luglio scorso, un terzo delle imprese ha fatto richiesta, ed ottenuto, di mettere in cassa integrazione i loro dipendenti.
Si legge nei dati, che ogni impresa in CIG-Covid ha risparmiato circa 1.100 euro per ogni dipendente presente in azienda (a prescindere dall’incidenza dei lavoratori in CIG), dall’altro canto i lavoratori in CIG-Covid hanno perso in media il 27% del loro stipendio.
L’Ufficio Parlamentare del Bilancio, ha rilevato che per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, “dall’incrocio dei dati del monitoraggio dell’Inps con quelli della fatturazione elettronica dell’Agenzia delle entrate nel primo semestre del 2020 rispetto al primo semestre del 2019 emerge che se circa un terzo delle ore di Cig, Cig in deroga e Fondi della bilateralità è stato utilizzato da imprese con perdite di fatturato superiori al 40 per cento, oltre un quarto delle ore è stato tirato da imprese che non hanno subito alcuna riduzione“, come affermato dal presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Giuseppe Pisauro.